Dei figli.

Mi sa che invecchiando io stia diventando sempre più intollerante. Cose che fino a po’ di anni fa mi avrebbero fatto sorridere o al limite alzare le spalle, ora mi danno proprio fastidio. Sicuramente tutti ricorderete l’infelice uscita di quel bel donnino del nostro ex ministro Elsa Fornero che a un qualche convegno su giovani e lavoro esortò i ragazzi a non essere troppo choosy riguardo alle opportunità lavorative, di non aspettare il posto ideale, ad hoc, di non ambire in pratica al posto fisso o nulla. Quella volta – era il 2012 – mi incazzai pure io; ma come? mio figlio a 25 anni già lavorava e mia figlia frequentava l’università. Potevano o no avere il diritto, lui di aspirare a un lavoro migliore e lei di poter scegliere, una volta laureata, un lavoro per il quale stava studiando? Di che minchia parli, Fornero, vecchia baronessa incartapecorita e coi figli ben insediati all’interno della tua università?
Cinque anni dopo non ho cambiato idea sul fatto che la signora sia una barona incartapecorita e assai bene immanicata, ma mi sono dovuta ricredere sulla questione choosy. Perchè se parecchi ragazzi sono schizzinosi e pretenziosi riguardo alle poche possibilità lavorative, è colpa di noi genitori. Mi chiamo fuori dal gruppo perchè mio figlio ha studiato fino a dove ha voltuto, poi si è cercato un lavoro, l’ha trovato – prima da interinale e poi assunto a tempo indeterminato – e lavora sodo per mantenerselo, il suo posto, e non è certo un lavoro fighetto da colletto bianco.
Mia figlia, mentre studiava all’università, ha fatto qualunque lavoro: da cameriera, gelataia, baby sitter, animatrice ai campi estivi più qualche periodo lavorativo in ambito universitario; lavori ad honorem li chiamano, per studenti meritevoli con gli esami dati a tempo debito e votazione alta. Già questa cosa è un’assurdità, che il lavoro possa essere un regalo, però funziona anche così. Ecco perchè non capisco nè tollero più discorsi tipo “No, tu la cameriera in pizzeria non la vai a fare perchè poi è una macchia sul curriculum.” Cosa?? Ma tua figlia studia biologia e magari ha voglia di avere qualche euro suo, e non sganciato da mammina. Però poi la ragazza ci ragiona sopra e pensa “E perchè cazzo dovrei andare a servire pizze se i soldi me li da lei? E poi fare la cameriera… Trovi anche gentaglia che ti tratta a pesci in faccia e la sera hai i piedi come le pizze che servi…” E arriviamo al post laurea: “No, non andare in Francia. Ti danno poco più che qua in Italia e poi chissà dove e con chi andrai ad abitare…”
“Ma qui non c’è lavoro, ho mandato sessanta curriculum e non mi ha contattato nessuno.”
“Non importa. Prima o poi qualcosa si muoverà, cambierà.” E la ragazza va e viene dall’università dove si è laureata e dove periodicamente va a vedere che aria tira.
Altro esempio: ragazza diplomata in scienze infermieristiche e proprio perchè di sì, perchè mamy e papy si stavano incazzando per i soldi delle tasse universitarie e gli esami a rilento. La fanciulla alla fine si laurea, inizia il tirocinio in una zona pedemontana a una trentina di chilometri da casa ma non è contenta: il reparto di lungodegenza le fa schifo, i vecchi le fanno schifo, gli orari le fanno schifo. Come non cedere di fronte a tanto schifo? Attualmente la ragazza, dopo aver fatto la modella per un’artigiana che crea berretti di lana e orecchini in un laboratorio casalingo, fa la wanderluster, cioè va in vacanza ogni due per 3 coi soldini di mamma e papà e un buon contributo del fidanzato che ricco non è, ma ha da poco aperto una ditta in coperativa con altri tre soci, quindi per ora fa il ricco coi contributi europei che dovrebbero servire soprattutto alla sua piccola attività ( e questo era un altro esempio di choosy, perchè mamy e papy non hanno voluto che tentasse una qualche esperienza da ingeniere con contratto a scadenza, non sia mai!) Ah, dimenticavo che la ragazza si definisce anche Food Blogger, ma semplicemente perchè fotografa ogni cosa ben presentata prima di mangiarla.
Esempio numero 4, e questa è una mia parente. Vive a Londra dove i suoi si sono trasferiti da che lei aveva sei anni. Trilingue, diploma inglese in non meglio specificate belle arti. Suo padre ( nonchè mio zio…) un giorno mi fa: “Senti, mi dovresti spiegare a che cazzo serve la laurea di mia figlia.”
“Guarda, non saprei, non c’è equiparazione con una laurea italiana. Forse potrebbe lavorare in un museo, in una galleria d’arte, o magari insegnare disegno in qualche scuola lì in Inghilterra.”
“Non sa disegnare, non glie l’hanno insegnato.”
“Ah…”
“Intanto si è trovata un boy friend a Parigi e va avanti e indietro.”
“Ah, bèh… a Parigi avrà delle ottime opportunità…”
Risultato: la cuginetta ha cambiato moroso e attualmente vive a Londra, Notting Hill, mantenuta da mamy e papy e dichiara di fare la fashion assistant free lance. Non si sa nè dove nè per chi, ma finchè papi sgancia, a che serve cercare?
Sia chiaro, io non ho nulla contro queste nuove professioni, che definisco però ripieghi. Se vuoi fare la fescion-qualunquecosa almeno abbi le palle e la dignità di farlo provandoci con le tue sole forze, e non col cordone ombelicale tenacemente attaccato alla carta di credito di papà, mamma, nonno, nonna. E quanto a noi parenti, nessuno ci vieta il piacere di fare un regalo a nostro figlio/a, ma che sia una tantum, o in caso di assoluta necessità. Io pure mi sono trovata con le pezze al culo dopo la separazione, e i miei mi hanno dato una mano, ma già dalle superiori facevo la standista in fiera per avere qualche lira in tasca. Lasciateli andare questi figli, lasciate che camminino con le loro gambe, con le loro forze, che partano da questo paese meraviglioso e disgraziato che non li ama , non li tutela, che preferisce importare schiavi per trasformarli nella migliore delle ipotesi in manovalanza a bassissimo costo, o se sono scaltri e imparano presto, in nullafacenti pretenziosi, facile preda della malavita. Se all’Italia non interessa nulla di questi giovani, spesso bravissimi, preparati, laureati o diplomati col massimo dei voti, lasciateli andare. Che vadano da sud a nord, o nel Regno Unito, in Francia, Germania, Scandinavia, Danimarca. Che vadano anche oltre oceano: impareranno tanto, guadagneranno soldi loro, impareranno a gestirsi la vita con tutto quello che ci va dietro: bollette, malinconia, cibo delivery, cazziate sul lavoro ma anche soddisfazioni, riconoscimenti, dignità. Perchè i nostri ragazzi, le nostre ragazze, sono apprezzati all’estero, perchè gli italiani che lavorano con impegno e si comportano civilmente sono benvoluti e rispettati. Tanto se non hanno voglia di impegnarsi e di lavorare seriamente ve li vedrete tornare a casa a stretto giro di posta, ma almeno lasciateli provare prima che si buttino nel tunnel del fescionqualcosa, wanderluster, assistantdemenonna, prima che diventino veramente ottusamente choosy, ma a causa nostra. Se poi casualmente fossero schifiltosi di loro, che escano comunque di casa e provino a vivere con tre o quattro coinquilini e stiamo a vedere.
Io so che mia figlia è felice del suo lavoro di assistant architecht conquistato con determinazione e capacità. Felice della sua stanza con le lenzuola dei Pokemon comprate da Primark per 3 sterline ( “Quelle coi fiori o tinta unita ne  costavano 8, chemmifrega, dormo con Pikachu.”), felice della city bike che le hanno dato come fringe benefit, felice dell’abbonamento in palestra che costa appena 7 sterline. Meno felice di cucinare e portarsi il pranzo al lavoro perchè lassù tutto è caro. Non vede l’ora di tornare a casa ad agosto per mangiare le lasagne, le polpette, la pizza e il sushi all you can eat che là non esiste.
Mio figlio vive con un amico e mette da parte i soldi per la base di un mutuo. Certo, lui vive dove vivo io ma ha la sua, di vita, e anche se non sa stirare ci sono sempre i cinesi che gli stirano le camicie “buone”, e la mamma del suo coinquilino che è molto più brava di me e che ogni tanto li rifornisce di ragù, peperonata, pasticcio. Io in compenso lo invito spesso, o andiamo a berci un aperitivo come stasera. Insomma, ho reciso da tempo il cordone ombelicale come è giusto che sia.

Informazioni su Dovesei

Molto della donna che sono stata, un qualcosa della donna che sono diventata.
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9 risposte a Dei figli.

  1. metalupo ha detto:

    I ragazzi tosti e in gamba, per fortuna, esistono.
    Ho seguito il percorso dei tuoi tramite i pezzi che metti su e devo dire che a volte rabbrividisco per il futuro che aspetta i miei due balordi.
    Per inciso io faccio il gas equipment specialist.
    Insomma sposto bombole.
    🍋🍋🍋🍋

  2. Alessandro ha detto:

    “Il guaio della corsa dei topi è che se anche vinci, sei sempre un topo.”
    Lily Tomlin – Dalle 9 alle 5 orario continuato

    “La mia pensione? verrà erogata in articulo mortis secondo il rito ‘Finchè Fornero non vi separi’ ”
    Alessandro

    Non potrei essere più d’accordo su tutto quanto hai scritto.
    Sono stanco, deluso, irritato, mi sento come un vecchio soldato in prima linea che prende colpi da tutte le parti e guarda in dietro per vedere se arrivano i rinforzi, pur sapendo che i nostri non arriveranno mai più.
    “Fate con quello che avete a disposizione”… questa frase l’ho sentita dire quando ero di leva in Guardia Costiera nel 1989 e da quel momento è diventata una costante in tutti campi. Obbiettivi irrealistici da raggiungere con sempre meno risorse. E ti dai fare perchè sai di essere migliore di chi ti ha dato ordini insensati. Ma anno dopo anno, accumuli più botte che risposte. Scopri l’arroganza ministeriale di chi ha il potere grande quanto la sua scrivania, ma che fuori orario è un poveretto che fa pena… un novello Gollum che fa del posto fisso il suo Tessoro.
    Non ho avuto figli, ma a volte penso come Edgar Lee Masters nella poesia Johnnie Sayre “Tu fosti saggio a far scolpire per me ‘strappato al male a venire’ “. Poi vedo il figlio della mia compagna che ha avviato la sua startup e sta progredendo, tra mille difficoltà per i clienti arroganti e i soci accartocciati su se stessi al limite della sindrome di Asperger. Ma non molla, nonostante i capelli stiano mostrando molto più bianco del dovuto a soli 37 anni.
    Gente che torna dall’estero e dice che noi siamo dei pazzi scatenati a vivere in questo modo, stressati, pieni di problemi e con meno soldi di quelli ci spetterebbero.
    Poi guardi le richieste di lavoro e cerchi di capire quali siano i requisiti e soprattutto quali siano le mansioni, prima ancora di capire quale sia effettivamente la retribuzione correlata.
    Quando è tutto spiegato in inglese capisci che la cortina fumogena è attivata. Perchè arrivati al dunque se non è fumo, di sicuro non è arrosto.
    E si. Hai ragione a dire i che i figli devono essere lasciati liberi, perchè sono una parte di noi , ma non sono nostri, il dovere di un genitore è rendere un figlio indipendente, ma anche di non trasmettergli le ansie e le paure che ogni volta ci assalgono quando abbiamo paura che si facciano male.
    Il mondo non è un posto facile. Un gioco di guerra degli anni 80, Cannon Fodder il più antimilitarista che sia mai stato pubblicato aveva come incipit “It’s a jungle out there” e ancora oggi è così.
    Un caro saluto, “Zia”.
    Alessandro 🙂

    • Dovesei ha detto:

      Direi che il tuo commento è un’efficacissima postilla al mio post, che risulta senz’altro un post agro, senza una punta di dolce, ma è fastidiosa verità. Chiunque abbia dei figli teme “the jungle out there”, ma se non li incentiviamo a staccarsi dai nostri pantaloni- che tanto io porto solo quelli, sia come indumento che metaforicamente, come potrà mai ripartire il nostro paese? E che adulti saranno mai loro? Che genitori, ammesso che lo diventino?
      Intanto al momento la biologa in stand-by sta cercando di nuovo a Parigi ma con l’ausilio di mamma, almeno per l’alloggio perchè sai mai chi ti può capitare.
      L’infermiera mancata è a Zanzibar col fidanzato e che i soci si fottano.
      Mia cugina fescionassistanefrilens è a Reykjavik. Lavoro? No, turismo; è una bella stagione per visitare l’Islanda. Con che soldi? Ma che domande!

      Ciao fan di Vagy! (Che choosy proprio non è 👏🏻)

  3. katherine ha detto:

    Tempi duri per i nostri ragazzi. Il mio ha sempre lavorato anche durante l’università: ha venduto chitarre in un grande negozio di musica, ha lavorato tre anni alla Decathlon, ha fatto anche il barista, faticando parecchio perchè non sapeva proprio nulla di quel mestiere ed era pure astemio. Per non sfigurare si è persino pagato un corso come barman al prezzo di 600 euro…Ha gestito un rifugio in alta montagna…Però aveva anche una laurea e, ad un certo punto, ha pensato che la gavetta l’aveva fatta e poteva pure puntare un po’ più in alto. A qualche colloquio gli è stato fatto notare che aveva svolto “troppi lavori” e quindi ci doveva essere qualcosa che non andava, altri che aveva svolto lavori troppo poco qualificanti. Alla faccia di s’impegna e non sta a casa a fare nulla mai, anche a costo di un lavoro che niente ha a che fare con gli studi effettuati! Dimenticavo i vari corsi di marketing e di inglese all’estero. Adesso ha un lavoro in un ufficio commerciale, ma ancora non è a tempo indeterminato. Nel frattempo vede i suoi amici figli di papà che non fanno altro che divertirsi. A due di loro i genitori hanno comprato una palestra, ma loro dentro non ci sono quasi mai, la fanno gestire da altri, perchè “devono tenersi allenati con gli sports” …Un altro vive di rendita, compie viaggi avventurosi che poi relaziona sui giornali e su facebook e non ha mai lavorato un giorno in vita sua. Un altro, appena si è laureato, ha trovato impiego nello studio di papà…Insomma, per un ragazzo che si è sempre dato da fare, che non ha disdegnato nessun tipo di lavoro, vedere questi figli di papà che trovano tutto facile è proprio uno schiaffo morale!

    • Dovesei ha detto:

      Quindi ha ragione la mia conoscente che parla di “macchie sul curriculum” 😠
      Complimenti a tuo figlio, e tutto il bene di questo mondo.

      • kstherine ha detto:

        Sì, se tornassi indietro penso che suggerirei a mio figlio di aspettare che arrivi il “posto giusto”, visto che, per chi assume, i lavori precedenti contano solo se se servono come esperienza per il lavoro successivo. Mentre perdeva tempo alla Decathlon con un posto fisso, sperando di crescere professionalmente, mentre non è successo a nessuno dei ragazzi che sono stati assunti insieme a lui e che ancora sono lì a piegar calzini, dopo sei anni, pur essendo tutti laureati, avrebbe potuto cercare un lavoro “da laureato” o che comunque gli facilitasse la carriera. Il fatto che abbia fatto il barista, poi, è stata una vera macchia, tanto che questa esperienza ha dovuto cancellata dal curriculum…

  4. vorticalwaters ha detto:

    Ciao Simo, ti leggo da un sacco di tempo ma non ho mai commentato…fino ad oggi.
    Io vivo a Londra da un po’ di anni e ne vedo tantissimi di ragazzi italiani che fanno i lavori più disparati: baristi, camerieri, commessi ecc. ecc. Sono sicura che moltissimi di loro hanno una laurea e si adattano per il momento a fare quel che capita. E moltissimi altri sono in giro per il resto del mondo dove è ancora possibile sperare di mantenersi onestamente anche senza essere raccomandati.
    Mi sento di dissentire dallo stereotipo dei ragazzi italiani mammoni e dei genitori italiani iperprotettivi. Credo invece che una grandissima percentuale di ragazzi sia proprio come tua figlia: pronti a prendere la valigia e cercare il proprio posto nel mondo.
    Se dovessimo mettere sul piatto della bilancia i ‘fescionqualcosa’ mantenuti dai genitori e i ragazzi determinati a crearsi un futuro con le proprie mani, sono sicura che il piatto penderebbe decisamente per questi ultimi.
    Per quanto riguarda la tua conoscente infermiera mancata, mi rassicura di più pensarla in vacanza a Zanzibar, piuttosto che in una corsia d’ospedale.
    PS: So che non ti piace farti pubblicità, però a me farebbe molto piacere leggere il tuo racconto e mi interesserebbe sapere dove trovarlo 😊
    Buon weekend!
    Ethel

    • Dovesei ha detto:

      Ciao Ethel, che piacere conoscere qualche follower così, col nome è un po’ della sua storia.
      Ma io lo so che il piatto della bilancia pende più dalla parte dei ragazzi che hanno voglia di fare qualcosa, di costruirsi un’identità, ma purtroppo ne vedo sempre di più di questi rinunciatari in attesa di un bel piatto servito. Giusto ieri sera parlavo con un’amica che mi ha ricordato un altro caso. Famiglia molto benestante, 3 figli di cui uno laureato a calci in culo in giurisprudenza e ora imbucato in tribunale a zero euro a fare il passacarte a un giudice, ma aspetta e vedrai, al primo concorso…
      Secondo figlio laureato per ora in triennale e ora in partenza per Erasmus, ovviamente pagato al 100%, che però “meno male che è riuscito a subaffittare il posto letto a Milano, così quando torna non deve cambiare casa”.
      Terzo figlio, una femmina. Dopo un anno di Biologia e tre esami la settimana scorsa ha dato il quarto, ma visto che ha lasciato l’appartamento perché la città non piace, mammina l’ha accompagnata in auto. Quindi capisci che o li conosco tutti io, o sono davvero tanti, troppi.
      Il mio racconto lo trovi nell’antologia “City Tales”, edizioni Simple. Lo trovi in vendita un po’ dappertutto, dal sito della Simple, a Libreria Universitaria, IBS. Il racconto si intitola “I murici”. Spero ti piacerà, ma a ottobre ne uscirà un’altro. Pubblicità a tempo debito

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